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C'era una volta... ieri!

di Franco Franchi

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Carlo Fugazza – L’idea del Karate

Vi sono uomini nati per fare qualcosa ed avviene che la vita li spinga esattamente in quella direzione. Una circostanza molto rara, per il vero, ma è proprio quella che vede coinvolto Carlo Fugazza, al quale il karate si propose nel 1968 regalandogli la cintura nera neanche un anno dopo. E se il 1° dan rappresenta il punto di partenza per cominciare a praticare veramente la “via”, Carlo prese un avvio fulminante percorrendo una strada che lo doveva portare ai vertici mondiali in pochissimo tempo, tanto è vero che già nel 1975, a Tokyo, il torneo mondiale gli assegnava il bronzo nel kumite e l’argento nel kata.

I risultati che seguirono, ad ogni livello, nazionale ed internazionale, furono della stessa importanza e della stessa qualità ma non è il fatto sportivo ad essere importante per valutare la personalità di Fugazza. Significativa è la costante uniformità del suo grado di preparazione, frutto non solamente di una perseveranza esemplare nell’allenamento quanto piuttosto di un equilibrio e di una serenità interiore nell’affrontare la tecnica come in alcun altro atleta occidentale è stato mai dato di riscontrare.

Non è un caso che Fugazza, pur eccellente nel kumite, fino a quando la specialità era forma liberamente proposta, abbia trovato nel kata la consacrazione della sua capacità di interpretare lo spirito più autentico e primigenio del karate. E non a caso Fugazza è stato uno dei pochissimi della vecchia guardia che ha continuato a gareggiare fino a poco tempo fa raggiungendo sempre risultati di eccellenza: come i “suoi” ragazzi che, copie conformi del loro maestro mietono medaglie ovunque. Hanno recepito il dato fondamentale del comportamento di chi li ha preparati assorbendone l’insegnamento in modo fideistico così come Fugazza fece con il maestro Shirai del quale fu ed è più affidabile scudiero.

I rivolgimenti politici sono passati sopra di lui senza scalfirlo. Imperturbabile ha assistito ad ogni avvenimento senza scomporsi. Ma senza nulla mutare della sua personale politica di allenamento e di preparazione tenacemente convinto della immutabilità di determinati principi.

È certo che Fugazza ripensi con una punta di nostalgia ai momenti romantici degli anni trascorsi a difesa di una filosofia ma solamente per non dimenticarne i contenuti ed avere la forza di continuare a proporli malgrado tutto e contro tutto quello che vorrebbe cambiarli sulla base approssimativa di alcune intuizioni dietro le quali, magari, si cela il tentativo di metterlo da parte. Fugazza è uomo schivo e restio a manifestare in modo clamoroso le sue idee. Parlando con lui si percepisce, tuttavia, il disagio di dover difendere un sistema vincente nei fatti che, proprio per la loro limpida evidenza, dovrebbero avere in sé stesso la forza per non essere discussi.

Nella sua palestra, severa ed essenziale, si respira l’aria di un tempo antico che, una volta, veniva definito “lo spirito del dojo”. Sulle pareti non campeggiano le scritte ridondanti di retorica che altrove fanno tanto atmosfera. Non sono necessarie perché il senso di quelle massime è stampato sul volto degli allievi. E del maestro: che sorride fiducioso senza arroganza.

Cambino pure le sigle, purché sia karate.

Per gentile concessione della rivista Samurai
Mese di Ottobre - Anno 1988
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